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Mediterraneo Nero, l'ultimo romanzo di Gian Luca Campagna

Una vera e propria inchiesta giornalistica sulle navi a perdere. L'Italia degli anni '80-'90 e i rifiuti tossici inabissati nel Mare Nostrum

14/05/2021

"Per scrivere romanzi sgomberiamo il campo da alcune considerazioni: chi vive vite ordinarie racconta storie tali, chi trascorre la vita a prendere apertivi nel lounge bar esclusivo non può vivere quelle vite avventurose che sogna, per il grande genio artista a tutto tondo uruguagio Carlos Paez Vilaro l'artista deve far vedere al pubblico quello che non scorge, ma è anche vero che si deve pretendere di far vedere al pubblico quello che tu non vedi. Sognare e vivere devono coincidere, per me la sinestesia resta la traduzione più incisiva che possa utilizzare uno scrittore per far evadere, sedurre, trasferire in un altrove il lettore".
Gian Luca Campagna ci racconta così il suo approccio alla narrativa e al suo ultimo romanzo, ‘Mediterraneo nero', edito da Mursia, un salto di qualità notevole per il giornalista e scrittore di Latina, anche se i romanzi precedenti hanno sempre centrato l'obiettivo di trasportare il lettore in quella "dimensione parallela, portandolo in sidecar, a 200 km orari, senza cintura di sicurezza e casco, ma soprattutto senza sapere la destinazione finale. Questa è la letteratura" sorride.

E a proposito di sidecar, Gian Luca Campagna abbandona momentaneamente il suo personaggio seriale, quel José Cavalcanti detective italoargentino, nichilista e idealista, che vive le sue avventure impegnate in SudAmerica tra desaparecidos, diritti umani calpestati, dittature militari e indifferenza del mondo occidentale, torna dalle parti di casa sua, nel Mediterraneo, nel mare nostrum paradiso e inferno, per via di quell'inquinamento creato dalle navi a perdere.
Un romanzo che è una vera e propria inchiesta giornalistica, perché tratta delle navi a perdere: infatti, negli anni '80 e ‘90 c'era in Italia una pratica diffusa tra gli ambienti industriali e criminalità organizzata. L'Europa industriale si disfaceva dei rifiuti pericolosi tramite le cosiddette ‘navi a perdere', quelle carrette del mare che registravano un carico ‘normale' per poi sostituirlo con fusti tossici (scorie nucleari e chimiche) che venivano autoaffondate in punti abissali del mar Mediterraneo, sulle coste italiane, da armatori ed equipaggi senza scrupoli. La truffa era ben congegnata, poichè le mafie guadagnavano tre volte: ricevevano denaro in nero dalle industrie che si sbarazzavano di rifiuti che avevano costi altissimi per lo smaltimento (e spesso erano rifiuti non registrati...), ricevevano poi i soldi delle assicurazioni per il carico simulato perso e quelli per la stessa nave mercantile affondata. Per sfuggire ai radar della Marina il metodo era abbastanza semplice: i fusti tossici stipati nelle stive erano schermati con cemento e granulato di marmo. La storia che si dipana in questo romanzo segue la scia di una nave, la Quadrifoglio Rosso (nome ricavato dalle storie reali delle reali Jolly Rosso, Karen B ed Eden V), utilizzata dai colletti bianchi delle industrie italiane in accordo con la criminalità organizzata. Il 14 febbraio 2017 la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha avviato la desecretazione dei documenti del Sismi, tra cui un elenco di 90 navi affondate nel Mediterraneo tra 1989 e il 1995 e legate a presunti traffici di rifiuti tossici e radioattivi.
Ma veniamo al romanzo: il protagonista principale, il giornalista Francesco Cuccovillo, dà la caccia a un uomo che negli anni '90 gestiva lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici e il traffico con i paesi del Terzo Mondo, dove venivano sversati costruendo reti stradali in mezzo al deserto. Pratica che trovava collocazione anche in quella Somalia, dove nel 1994 perse la vita la giornalista Ilaria Alpi. In questa caccia all'uomo il protagonista Cuccovillo si imbatterà nell'ultimo viaggio del cargo Quadrifoglio Rosso e il suo misterioso carico fino ad arrivare a una verità drammatica.
"Lo scrittore per essere tale deve saper osare, deve confinare nel lessico domestico la banalità, quindi nel linguaggio, nella forma, nell'estetica, nei contenuti, nei dialoghi, nelle emozioni deve metaforicamente andare oltre le colonne d'Ercole. L'amico scrittore Antonio Veneziani una volta mi disse: "a me della realtà così com'è raccontata poco importa, lo scrittore deve raccontarmela diversa da come la vedo io", dandone una chiave di lettura differente, cioè anticipatrice, rivelatrice, visionaria. E la miscellanea deve comprendere -come si confà a una vera macedonia con diverse tipologia di frutta- porzioni di arte, letteratura, sociale, politica, storia, psicologia, gossip, costume, che una volta centrifugata passerà in un imbuto strettissimo fornendo un distillato unico e originale. Cioè, un diverso sentire, appunto. E chi meglio di un visionario? Se lo scrittore non è un visionario è un narratore che cerca di comunicare un esercizio di stile che magari ti porta all'evasione ma non alla riflessione. Quando scrivo tengo sempre come spade di Damocle alcuni insegnamenti, come quello di Bertold Brecht: chi non conosce la verità è un ingenuo ma chi la conosce e la chiama bugia è un criminale. Per questo in questa storia di indagini di veleni sversati nel Mediterraneo il protagonista rischia di diventare un terrorista, perché la sua verità può scardinare l'ordine costituito, mettere in discussione noi stessi" racconta Gian Luca Campagna.

Ma come in tutti i romanzi di Campagna non c'è spazio soltanto ai temi sociali e alle riflessioni, si ride, ci si diverte, perché l'ironia domina il protagonista, stretto in una morsa tra criminali pentiti e magistrati indolenti ma anche tra fidanzate stressanti e petulanti, creando dialoghi da sit-com esilaranti. Scrittura mai banale, sempre vivace, il romanzo ve lo consigliamo caldamente, anche perché vi conduce nelle parti più affascinanti e suggestive della costa italiana.

 

 

Redazione ParvapoliS


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