Mauro Cascio e la guerra al prevedibile

Io ho scoperto Mauro Cascio per caso. Non sono una lettrice accanita e la filosofia mi spaventa. Troppo complessa e non so da dove cominciare. Dicevo per caso, perché tutto è partito da un libro, «Un Dio che riposa tra i fenomeni del mondo», comprato distrattamente, giusto perché in bella mostra in uno scaffale, e insomma la curiosità del titolo, la voglia di conoscere l'autore e tutto mi è partito da lì. Mauro Cascio non è uno scrittore. È un tornado. E dopo non lascia nulla. Perché, a leggere i suoi successivi volumi e i titoli da lui curati, lui è proprio così: ti fa ridere, ti fa piangere, ti fa riflettere. E quando sei arrivato ad altezze che non credevi, ti riporta giù al quotidiano, al concreto. Sempre giocando con le parole, compiaciuto della sua erudizione, tra provocazioni e scherzi, non ha l'antipatica saccenza del cattedratico, ma tra gli intellettuali italiani è il più fraterno, ammicca, concede. Un tornado perché dopo non resta niente delle tue vecchie certezze, dei tuoi vecchi modi di vedere e pensare.
In «Dove sei?» l'autore lo troviamo tutto, dall'emergenza esistenziale al racconto biografico, il ‘disegno melodico', cioè una prosa ricercata ed elegante, è la struttura di un dialogo, quello con il rabbino capo della comunità ebraica di Trieste. Un filosofo laico e un religioso a confronto su alcune pagine dell'Antico Testamento, a partire da quella che dà il nome al lavoro. Ayekà. È la domanda che Dio fa ad Adamo. Ed è la domanda che Cascio immagina venga fatta a ogni uomo. Perché nella burrasca della nostra vita, nei momenti di debolezza, quando non ce la facciamo nemmeno a immaginarci un futuro, e tutto ci sembra difficile e in salita, è allora che chiediamo a noi stessi: Dove sei? Ed è quella risposta che cambia la nostra vita e il nostro destino. E ancora una volta devo essere grata a un libro, perché mi accorgo che è questa la maturità.

Chiara Martorana