Cronaca

«Progetto Arianna», polizia segreta a Latina

21/11/2000

Latina ancora una volta finisce in cronaca nazionale. In questi giorni si è scoperto che la Procura del capoluogo ha in corso un’indagine nei confronti di un gruppo di persone, sembra quasi tutti militari, che avrebbero progettato una organizzazione, parallela a quella delle forze dell’ordine, per il supporto alle operazioni di contrasto al traffico degli stupefacenti. Già nell’estate scorsa fu sequestrato, in casa del presunto “organizzatore”, del materiale che spiegava i dettagli di questa operazione, sembra addirittura avallata da qualche alto funzionario del ministero dell’Interno. Ora si è arrivati alla fase degli interrogatori, circa settanta sono le persone che la Procura ha convocato in qualità di “persone informate sui fatti in qualità di indagati”. Molte di queste persone sono quelle contattate e disponibili a far parte di questo gruppo che, a dimostrazione di come avessero preso sul serio l’iniziativa, e come in uso in tutti i reparti militari, ha già previsto lo stemma araldico con il motto: “In umbra pugnabimus”, cioè “Combatteremo nell’ombra”. Il materiale più interessante sequestrato dagli inquirenti sembra sia un fascicolo di un centinaio di pagine, di cui molti allegati. Si leggerebbe velocemente, spiega la composizione della struttura, l’organico e i ruoli da ricoprire, fino ad arrivare addirittura a prevedere la dotazione logistica nei minimi particolari. Facile immaginare le ipotesi fantasiose che, nel pensiero comune, sono uscite fuori, di cui alcune utili solo per qualche sceneggiatura di film di seconda scelta. Le indagini della magistratura diranno alla fine qual è la reale portata di questa vicenda. Tuttavia, più di qualche elemento fa pensare ad un drastico ridimensionamento. Nell’ipotesi si trattasse veramente di “sovversivi”, come qualcuno ha supposto, suffragata da prove “forti” la Procura avrebbe dovuto procedere all’arresto obbligatorio degli inquisiti, ma così non è stato. Altra ipotesi prevede la configurazione della fattispecie prevista dalla Legge 17/82 che combatte le associazioni segrete, ma si dovrà dimostrare che gli indagati perseguivano la finalità di condizionare le pubbliche amministrazioni in genere. Più verosimile invece una ricostruzione che dimostri la “leggerezza” con cui, talvolta, sono affrontati argomenti delicati come quelli della sicurezza pubblica. Questa versione prevedrebbe che l’organizzatore della vicenda sia stato incaricato, da qualche “gran commis” ministeriale, per elaborare un progetto “chiavi in mano” che costituisse un gruppo operativo per la lotta antidroga, ma solo da attuare nelle caserme militari. Lo scenario futuro, come previsto da alcune recenti leggi, vedrà all’opera delle forze armate composte da soli professionisti, comunque militari con ferme permanenti o minimo di due anni. Il rischio di circolazione della droga in caserma, vista la giovane età dei militari, sarebbe considerato alto dai vertici militari, come quello che le stesse strutture possano essere un obiettivo d’infiltrazione della delinquenza organizzata. Per contrastare questi pericoli nascerebbe il gruppo, con soli compiti “informativi”, inquisito dalla Procura di Latina. Il personale scelto, forse per una spiccata sensibilità investigativa si vuole sperare, acquisirebbe le sole informazioni in caserma circa gli eventuali movimenti di stupefacenti, segnalando poi le persone coinvolte alle forze dell’ordine. Se così fosse, sarebbe veramente una leggerezza. Lo Stato ha già chi si preoccupa di questi problemi, al limite bisognerebbe studiare una “riorganizzazione” di questi apparati per adattarli alla variazione dello scenario operativo. Senza arrivare a scomodare il Sisde e il Sismi, a maggior ragione questa volta coordinati dal Cesis, per la loro attività informativa in materia, si deve ricordare che in ogni forza armata esistono i Sios, servizio informazioni operative, composti da personale addestrato proprio alla raccolta di informazioni e alla sicurezza. Azioni mirate di polizia giudiziaria, all’interno delle caserme, dovrebbero essere poi svolte dalla “polizia militare”, compito d’istituto dei Carabinieri, a maggior ragione ora che sono stati elevati al rango di Forza armata. Alla fine si tratta solo di far fronte, con strutture già esistenti e perfettamente legittime, a nuove problematiche.

Redazione ParvapoliS


    Altre notizie di cronaca

    ELENCO NOTIZIE