Cronaca

Gaeta. Piano di emergenza nucleare. Antonino Drago: «Documento senza alcuna validità scientifica, pieno di "credenze" e di strafalcioni»

29/08/2003

La Prefettura di Latina, Protezione Civile, ha diffuso, a richiesta, estratti del
"Piano di emergenza esterna relativo alla sosta di unità navali militari
a propulsione nucleare nella rada di Gaeta. (Revisione 2001)."
È noto che nella rada di Gaeta attraccano sottomarini nucleari militari USA
(essendo quel porto soggetto a servitù militari ed avendo vicino il monte Massico
nel quale sono accumulate armi nucleari). Secondo il documento le misure di
sicurezza previste sarebbero in grado di "assicurare la protezione delle popolazioni";
che, in buon italiano, significa che non ci sarebbero morti e i danni sarebbero trascurabili.
Commenta Antonino Drago,
docente di Storia della Fisica all'Università di Napoli:
«Viene da domandarsi: dove è la realtà e dov'è il sogno?
Di fatto, il rapporto si ritaglia una ipotesi tecnologica di tutto di comodo: la fusione
del nocciolo del reattore nucleare, senza che ci sia fuoriuscita di sostanze
radioattive, se non per la incontinenza parziale della terza protezione (oltre quelle
del rivestimento delle barre di combustibile e del pentolone o vessel), in questo
caso lo scafo intero del sommergibile nucleare: il rivestimento esterno può avere
qualche crepa e allora un po' di gas potrebbe sfuggire all'esterno. Ma questo può
avvenire solo in una primissima fase della fusione del nocciolo e non rappresenta
affatto lo "incidente massimo ipotizzabile", casomai quello quasi minimo.
D'altronde questi giochi di parole, di ipotesi e di scienze di riferimento (nucleare o
psicologia delle masse) sono comprensibili: in Italia non c'è mai stata una sezione
protezione nucleare dell'ENEA che si occupasse a fondo della sicurezza dei reattori
nucleari; questi reattori sono troppo complessi; per esaminarne dettagliatamente
anche uno solo occorrerebbe un gruppo di ricerca sostanzioso e che lavorasse per
diversi anni-uomo. Per cui le centrali del Garigliano e di Caorso sono state comprate dagli americani "chiavi in mano", compreso il piano di emergenza; battezzato poi, secondo gli obblighi di rispetto formale della democrazia, come piano del CNEN (il nome dell'ENEA di allora) e infine approvato dal Consiglio dei Ministri, secondo un rapporto di servilismo tecnologico-politico verso gli USA.
Come gli altri piani per le centrali civili, questi piani di emergenza doveva
no essere revisionati dopo Cernobyl. Ma si è aspettato a lungo. Alla fine del 2001
il gioco di parole ("ipotesi credibile") è stato ripetuto senza modifiche. D'altronde
le autorità non avevano vie d'uscita: o rifiutare questi reattori nucleari su tutto
il territorio nazionale dicendo "No" anche agli USA, o subire le conseguenze di
un eventuale incidente con uno straccio di piano di emergenza scritto per nascondere
la realtà».

Rita Bittarelli

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